Dalla razionalità all’emotività
Negli anni Ottanta e Novanta la teoria economica che studiava i modelli comportamentali dei consumatori ne descriveva il processo decisionale in cinque fasi: percezione del bisogno, ricerca delle informazioni, valutazioni delle alternative, decisione d’acquisto e comportamento successivo all’acquisto. La razionalità del soggetto e la massimizzazione della sua utilità erano considerate centrali: ogni preferenza era valutata come il risultato di una scelta razionale e consapevole del consumatore. Tuttavia, a partire dagli anni Duemila il mercato è cambiato radicalmente, e con esso anche le buyer persona e le abitudini d’acquisto. Se prima la sfera emozionale dell’individuo era ritenuta secondaria, in seguito le aziende compresero la necessità di aggiornare le proprie strategie di marketing, andando a toccare le corde dell’emotività e del beneficio psicologico.
Negli ultimi decenni si è così sviluppata una nuova disciplina, il neuromarketing, che utilizza le metodologie proprie delle neuroscienze per analizzare e condizionare i meccanismi cognitivi che si attivano in maniera conscia e inconscia nell’ambito degli scambi di mercato. Circa il 95% del potere decisionale del consumatore, infatti, è da attribuire a processi operanti a livello inconsapevole: solo in un secondo momento la parte razionale tenta di giustificare la scelta mediante motivazioni logiche. Non c’è da sorprendersi, dunque, della rapida diffusione di pubblicità persuasive che mirano ad innescare reazioni emozionali ed istintive: lo scopo è creare un’impronta mentale in grado non solo di influenzare a breve termine la scelta di concludere una specifica call to action, ma di creare una connessione sensoriale a lungo termine con un determinato brand o prodotto. Attirare l’attenzione, coinvolgere emotivamente e agevolare la memorabilità sono diventati tre obiettivi irrinunciabili per una strategia comunicativa vincente.
Non solo estetica
In questo contesto l’estetica dei prodotti, e in particolare le scelta e l’utilizzo del colore, ha assunto nel marketing una sempre maggiore rilevanza. Il colore, infatti, è lo strumento più funzionale al raggiungimento dei tre obiettivi appena menzionati, grazie anche al progressivo perfezionamento delle ricerche di neuromarketing. Lo studio Impact of color on marketing realizzato da Satyendra Singh nel 2006 ha evidenziato due aspetti importanti: le persone elaborano un giudizio riguardo un determinato ambiente o prodotto entro 90 secondi dal primo contatto, e tra il 62% il 90% dei casi tale giudizio è basato esclusivamente sul colore. Circa l’85% ritiene che il colore sia la ragione primaria che spinge all’acquisto di un particolare prodotto, il 93% presta attenzione alla visual appearance dei prodotti, e l’80% ritiene che il colore incrementi la brand recognition.
Lo studio della psicologia dei colori, pertanto, consente di comprendere gli effetti delle tonalità sui processi cognitivi, sullo stato d’animo e sulle risposte emotive dei consumatori, e può essere utilizzato in vari ambiti del marketing: dalla definizione della brand identity e della corporate identity al redesigning di un sito web, dalla produzione di materiale promozionale al packaging. Un’appropriata associazione cromatica con uno specifico marchio ne aumenta notevolmente il riconoscimento: il colore è, di fatto, l’ambasciatore del primo contatto comunicativo diretto con una determinata azienda o prodotto. È proprio il concetto di appropriatezza ad essere dirimente: è errato creare un brand partendo dalla scelta di un colore. Al contrario, è fondamentale partire dal messaggio, dai valori e dunque dalle emozioni che si desiderano trasmettere ai clienti mediante il proprio brand; solo successivamente avverrà la scelta del colore più adatto all’immagine aziendale. Come spiegato nello studio The interactive effetcs of Colors and products on perceptions of a brand logo appropriateness condotto da Doyle e Bottomley, più le persone ritengono appropriati e coerenti i colori con il posizionamento del marchio, più ne uscirà rafforzata la credibilità. Studiando in modo approfondito anche altri tre aspetti importanti del colore, cioè tonalità, saturazione, contrasto e luminosità, e trovando il giusto bilanciamento fra essi, è possibile raggiungere quella che viene definita congruenza affettiva tra i valori espressi dall’azienda mediante i colori, e quelli del consumatore.
Best practices per l’utilizzo dei colori nel marketing
È possibile, dunque, identificare alcune best practice:
- il colore non deve essere scelto sulla base delle proprie preferenze, ma sulla base del messaggio che si intende trasmettere. È necessario vedere il colore usando le lenti del consumatore;
- la psicologia dei colori non è composta da formula matematiche che possono essere applicate in maniera estemporanea. È opportuno contestualizzare sempre l’estetica rapportandola all’ambiente culturale e ai trend sociali del momento;
- non esiste il colore “giusto”, ma il colore – o la combinazione di colori – che rappresenta il giusto mix fra tonalità, identità del brand, del prodotto o dell’azienda e aspettativa del consumatore;