Nel gergo finanziario, con il termine unicorno viene definita una startup il cui valore è arrivato ad almeno un miliardo di dollari. Nel rapporto China’s Digital Economy. A Leading Global Force, pubblicato nell’agosto del 2017, McKinsey individuava 262 unicorni a livello globale, così suddivisi: il 34% erano cinesi, il 47% americani e il 19% apparteneva al resto del mondo. Era una logica conseguenza della rapida crescita del venture capital cinese nella seconda decade del Duemila: in particolare, tra il 2011 e il 2016, il suo valore era triplicato, e corrispondeva al 19% del totale mondiale. Non deve sorprendere, dunque, che già nel 2019 i rapporti di forza con gli Stati Uniti si fossero invertiti: su un totale di 494, gli unicorni americani si fermavano a 203, mentre quelli cinesi erano 206. Tra questi spiccavano Ant Financial – controllata di Alibaba, ora conosciuta come Ant Group –, Didi Chuxing – azienda attiva nel settore dei trasporti – e l’informatica ByteDance, che da sole raggiungevano complessivamente un valore di 280 miliardi di dollari. Scopriamo insieme quelli più interessanti nel panorama internazionale.

TikTok, Clubhouse, Spotify. Unicorni e nuove ambizioni

ByteDance al galoppo

ByteDance – fondata nel 2012 dal giovane imprenditore Zhang Yiming – è l’unicorno che ha galoppato più velocemente negli ultimi anni: secondo Bloomberg, nel maggio del 2020 la valutazione del colosso cinese aveva superato i 100 milioni di dollari, per poi toccar rapidamente il miliardo nel 2021. Il successo è merito, soprattutto, dell’asset principale di ByteDance: la popolare app TikTok, che nel 2020 ha fatto irruzione nell’annuale BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands di Kantar attestandosi alla 79esima posizione, con un valore di 16,9 miliardi di dollari. TikTok è il risultato dell’acquisizione di Musical.ly – comprata da ByteDance nel novembre del 2017 per una cifra compresa tra gli 800 milioni e il miliardo di dollari – e della sua unione con Douyin, piattaforma proprietaria per video musicali lanciata da Yiming nel 2016. L’acquisizione di Musical.ly si è rivelata fondamentale: l’accesso a oltre 60 milioni di utenti attivi mensili negli Stati Uniti e in Europa, infatti, ha rappresentato il volano per entrare nel mercato occidentale dalla porta principale. ByteDance, mediante TikTok, è pronta a contendere la leadership ai BAT e a WeChat.

L’ascesa di TikTok

Da allora, la crescita di TikTok è stata esponenziale. Il 2020 è stato l’anno della consacrazione a livello globale, confermata anche dal terzo posto – dietro Peacock e Zoom – nel report Fastest Growing Brands 2020 elaborato da Morning Consult. I numeri, d’altronde, parlano da soli. Nel 2020 TikTok è stata l’app più scaricata per IOS e Android, sorpassando Facebook, WhatsApp, Zoom e Instagram: già ad aprile, rispetto allo stesso mese del 2019, il numero dei download era raddoppiato, toccando l’impressionante cifra di due miliardi e sorpassando i 2,5 miliardi già a dicembre. A questa impennata ha contribuito, in particolare, il mercato sudamericano nel terzo quadrimestre del 2020: secondo i dati elaborati da Statista, solo nel mese di settembre l’app è stata scaricata dal Google Play Store più di 3 milioni di volte in Brasile; seguono il Messico con poco meno di 3 milioni di download, gli Stati Uniti con 2,3 milioni e la Russia con 2,2 milioni.

Secondo i recenti dati di SensorTower, TikTok è stata l’app più scaricata e con il maggior incasso della prima metà del 2021, con 383 milioni di download e con un giro d’affari stimato in 919,2 milioni di dollari. Questa performance consente a Tiktok di registrare complessivamente oltre 3 miliardi di download: è la prima app a raggiungere questo traguardo con una proprietà diversa da Facebook.

Dal 2018 la base degli utenti è triplicata. Stando ai dati aggiornati a gennaio dell’anno in corso, TikTok è il settimo social più utilizzato nel mondo, potendo contare su 689 milioni di utenti attivi mensili – numero che raddoppia, salendo a quasi 1,3 miliardi se si considerano anche gli utenti dell’app “gemella” Douyin riservata agli utenti cinesi. Per comprendere l’importanza di questa performance si consideri che per raggiungere il medesimo risultato Instagram ha impiegato sei anni, mentre Facebook più di quattro anni; e già ad un anno dal lancio, nel 2018, si contavano più di un milione di visualizzazioni giornaliere. Ogni utente spende in media più di tredici ore al mese su Tiktok e vi accede più volte quotidianamente per una durata complessiva di quasi un’ora: si tratta di più del doppio del tempo medio giornaliero che un utente spende su Instagram. Quest’ultimo dato va ritoccato verso l’alto se prendiamo in considerazione gli utenti compresi nella fascia d’età tra i quattro e i quindici anni: 80 minuti al giorno, un numero molto vicino agli 85 dedicati alla visione di video su Youtube. TikTok, infatti, è diventato senza dubbio un must-have fra i più giovani: il suo utilizzo in questa fascia d’età è raddoppiato nel 2019 e triplicato nel 2020.

Generazione Z, ma non solo

Millenials e Generazione Z rappresentano le audience di riferimento di TikTok. La Generazione Z è composta dai nativi digitali, che per il 98% possiedono uno smartphone e accedono a TikTok il 60% in più rispetto alle altre fasce d’età. Il report annuale fornito dall’app Qustodio fornisce una quadro globale molto chiaro. La survey condotta negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Spagna su 60 mila famiglie con bambini di età compresa tra i quattro e i quattordici anni sono emblematici della crescita di Tiktok. Da maggio del 2019 a febbraio del 2020, il tempo medio speso giornalmente dai bambini su TikTok è cresciuto del 116% negli Stati Uniti – arrivando a 82 minuti –, del 97% nel Regno Unito – 69 minuti – e del 150% in Spagna – 60 minuti. Prendendo in considerazione il solo mese di febbraio dell’anno scorso, possiamo notare come il 16,5% dei bambini negli Stati Uniti usavano Tiktok, percentuale di poco inferiore a quella di Instagram – 20,4% – e di poco superiore a quella di Snapchat – 16 –. Il dato è simile per il Regno Unito – 17,7% – mentre in Spagna è più del doppio – 37,7%. Un’indagine condotta recentemente da Statista ha mostrato la seguente divisione per fascia d’età degli utenti di TikTok negli Stati Uniti: 32,5% tra i 10 e 19 anni; 29,5% tra i 20 e i 29 anni; 16,4% tra i 30 e 39 anni; 13,9% tra i 40 e i 49 anni; 7,1% più di 50 anni. Ciò significa che la Gen Z e i Millenials costituiscono, negli Stati Uniti, il 62% del totale.

C’è ancora molto da scoprire

Nonostante la popolarità in costante aumento – dovuta anche alla necessità di colmare il social distancing conseguente al restrizioni imposte dalla pandemia –, Tiktok è ancora relativamente giovane, ma recentemente ha inaugurato soluzioni pubblicitarie native e funzioni di social commerce. Ad esempio, ad agosto è stata rafforzata la partnership annunciata nell’ottobre del 2020 con la piattaforma canadese di shopping online Shopify: presto gli utenti di TikTok potranno così acquistare direttamente dall’applicazione i prodotti dei retailers che hanno scelto Shopify per gestire il proprio negozio online. Dunque per aziende e brand, e anche per i marketers, TikTok può rappresentare senza dubbio un canale da presidiare e da inserire all’interno di una digital strategy più ampia, a patto di ricordare alcune peculiarità di questa piattaforma.

Tiktok non è solo un social network, bensì una piattaforma di social entertainment dove i protagonisti sono giovani creator, che condividono la volontà di produrre o ricreare in totale libertà contenuti ingaggianti. TikTok, dunque, è la porta d’accesso per scoprire un mondo di stimoli visivi e creativi, e ogni profilo è di fatto un canale video a sè stante. D’altronde, su TikTok l’engagement medio nel 2020 è stato del 17,5%, più alto rispetto a piattaforme come Instagram e Facebook dove l’ampiezza della fanbase è una variabile che influenza maggiormente l’engagement. Di fatto, la natura episodica dei contenuti sta trasformando TikTok nella televisione della Generazione Z. È chiaro che è inutile e controproducente pensare di riciclare contenuti esistenti – per esempio da Instagram –, o di ricorrere a tipologie di advertising che infastidiscono l’esperienza organica: è necessario calarsi nell’opportuno mindset, adottando uno stile immediato, vivace e arguto, ed evitando di risultare cringe. Sfruttare l’influencer marketing, elaborare una hashtag challenge, creare contenuti disruptive che possano essere completati dalla creatività degli utenti sono ottime best practices per coinvolgere, fidelizzare e diventare trend setter su TikTok.

Clubhouse. L’unicorno degli Stati Uniti

Se il 2020 è stato l’anno della consacrazione per TikTok, il 2021 può sancire il successo di ClubHouse, social media creato dalla startup americana Alpha Exploration fondata da Paul Davison e Rohan Seth. In soli sei mesi, è stata in grado di raggiungere il valore di un miliardo di dollari, entrando così nel club degli unicorni. Clubhouse ha scalato le vette della popolarità in modo simile a TikTok: lanciata l’8 aprile del 2020 solo per IOS, ha progressivamente ampliato la propria base, partita con 1500 beta testers. In maggio gli utenti erano 3500, ma la vera impennata si è verificata tra novembre e dicembre, quando ha toccato prima i 200 mila utenti e poi i 600 mila. Ma è nel gennaio di quest’anno che è arrivato il grande balzo: 2 milioni di utenti – in sostanza, la base è triplicata in un solo mese –, per poi arrivare a oltre 6 milioni in febbraio, con una media di circa 2 milioni di utenti attivi settimanali.

Secondo il report di AppAnnie, a livello mondiale il numero dei download dell’app è passato da 3,5 milioni a più di 8 solo in due settimane, più precisamente tra il 1° febbraio e il 16 febbraio, per poi toccare successivamente i 10 milioni. Questa impennata si deve all’adozione della piattaforma da parte di numerosi high influencers statunitensi come Elon Musk, Mark Zuckerberg, Oprah Winfrey, Kanye West, Drake e Jared Leto. Si stima che il tweet di Elon Musk del 31 gennaio, con il quale dava appuntamento ai suoi followers su ClubHouse per le dieci della sera stessa, abbia portato al giovane social media più di un milione di nuovi utenti. Emerge, poi, un altro dato molto significativo: secondo Exploding Topics, le ricerche su Google per “clubhouse app” sono cresciute negli Stati Uniti del 1500% negli ultimi sei mesi. Il successo dell’app ha comunque valicato i confini nordamericani, essendo tra le più scaricate in Germania, Giappone, Regno Unito, Italia e Turchia.

Le ragioni di un successo…

Clubhouse è sicuramente uno dei fenomeni del momento, ma è prematuro definirlo “il social del futuro”: sono molti i social network che in poco tempo hanno visto declinare il proprio successo. È possibile, comunque, elaborare alcune considerazioni. Clubhouse sconta al momento una congiuntura favorevole, dettata principalmente da tre fattori:

  • la grande fluidità del mercato social attuale, che risente inevitabilmente ancora degli effetti della pandemia e consente ad idee di nicchia di emergere più velocemente;
  • una maggiore reattività degli utenti nei confronti delle novità, associata ad un incremento del tempo trascorso sul web e, più in generale, un maggiore utilizzo degli strumenti digitali per connettere persone e idee, sopperendo così al social distancing;
  • un’ottima idea di base che, inserendosi appieno in uno dei maggiori social media trends del 2021, propone un social dove non solo l’unico modo per comunicare con altre persone è usare la propria voce e il microfono dello smartphone – niente video, niente immagini, niente testo, niente audio pre-registrati, niente vocali privati ad altri utenti –, ma si può anche solo ascoltare. E se si vuole parlare all’interno di una delle stanze, si deve educatamente alzare la mano cliccando l’apposita icona.

… e di un possibile fallimento

Paul Davidson e Rohan Seth, dunque, hanno inventato il social audio – o meglio, una radio social –, ma in un mercato così saturo e volatile il rischio di essere solo delle meteore di passaggio è sempre dietro l’angolo. I dati SensorTower di aprile mostrano una forte diminuzione dei download, che si sono fermati a 922 mila, per poi risalire a luglio con il lancio dell’applicazione anche per Android. Ci sono tre fattori che i fondatori dovranno valutare con attenzione per evitare un fallimento precoce:

  • attenzione all’effetto Snapchat. La migliore dote di Clubhouse potrebbe presto diventare il suo punto debole, replicando quanto già successo in passato a Snapchat. Similmente, infatti, alle Stories – e, più in generale, all’idea di condividere contenuti effimeri – lanciate per la prima volta da Snapchat ma poi copiate da tutti i principali social network, le chat vocali – marchio di fabbrica di Clubhouse – stanno per essere integrate o sono già state integrate da Twitter, Facebook, Linkedin, Slack, Telegram, Discord e Spotify. Il rischio, dunque, di essere fagocitati da competitor più esperti, reattivi e organizzati è concreto, e il modello di business dovrà adattarsi di conseguenza. Snapchat, dopo un periodo di crisi che ne sembrava preludere la chiusura, è riuscito a riprendersi puntando molto sull’app per Android, accompagnata da un profondo restyling grafico e una fiorente piattaforma di advertising, nonché da content partnership e con importanti brand globali. Clubhouse sembra voler andar in questa direzione, avendo recentemente lanciato la propria app per Android e il “Creator First” Accelerator Program contestualmente alla funzione Payments, la sua prima funzione di monetizzazione che consente a tutti gli utenti di inviare denaro ai creatori, senza trattenere alcuna commissione;
  • l’attuale formula ha creato una sorta di elitarismo e di auto-referenzialità che si traduce in stanze popolate per lo più da celebrità, influencer e professionisti del settore. Clubhouse deve pensare più in grande ed uscire dalla dimensione di passatempo per il jet set: il recente update di luglio sembra andare in questa direzione, avendo eliminato le fastidiose “liste d’attesa” e il sistema di iscrizione tramite inviti;
  • l’eliminazione delle restrizioni alla libertà di movimento e la ripresa di una vita sociale più intensa grazie alla campagna di vaccinazione potrebbe tradursi in una voglia di off-line che, inevitabilmente, andrebbe a colpire proprio quei progetti come Clubhouse figli, soprattutto, della pandemia. È necessario, dunque, fidelizzare ora i propri utenti per evitare di trovarsi improvvisamente le stanze vuote.

Spotify goes social

Seguendo il trend, anche Spotify si accinge a lanciare nuove funzionalità legate alla voce, anche grazie all’acquisizione di Betty Labs, azienda creatrice di Locker Room, un’app diretta rivale di Clubhouse. Spotify ne utilizzerà il know how digitale – dati, tecnologie ed esperienza utente – per offrire un’offerta live di programmi sportivi, musicali e culturali, nonché di sessioni di live chat per mettere in contatto creator e pubblico in tempo reale. D’altronde, si tratta di una naturale evoluzione per la piattaforma che più di ogni altre è riuscita a catturare le preferenze degli audiofili. Tuttavia, è interessante osservare come Spotify stia cercando di uscire dalla propria comfort zone di piattaforma dedicata all’ascolto di musica e podcast per assumere tratti marcatamente più social.

Tra questi, oltre alla già menzionate espansione delle funzioni di live audio, è da ricordare l’integrazione di Tastebuds – che permette di scoprire le canzoni più ascoltate dagli amici e di aggiungerle direttamente alla propria libreria musicale – e soprattutto l’arrivo in Europa, dopo tre anni di attesa, della funzione AD Studio. Si tratta di una piattaforma pubblicitaria pensata per le aziende e gli artisti, utile per la creazione, la modifica e la gestione di annunci pubblicitari in formato audio e video. Le opzioni di targeting avanzato – è possibile segmentare l’audience sulla base di parametri come, tra gli altri, l’ascolto di specifiche playlist e podcast, la posizione e i dati demografici –, gli ottimi strumenti per la progettazione da zero degli annunci e la possibilità di accedere agli insight delle campagne già poche ore dopo dal lancio rendono complessivamente AD Studio uno strumento prezioso per ogni inserzionista. E Spotify inizia a farsi sempre più largo nelle digital strategy.

Recentemente Spotify ha fatto altri due passi in direzione social. Il primo è l’avvio di una collaborazione con Giphy: nel momento in cui si cerca una GIF su uno degli artisti che sono stati selezionati e che verranno selezionati, nella pagina della GIF viene mostrato un tasto a schermo collegato al brano su Spotify della GIF. Il secondo è è il lancio in tutto il mondo di Blend, una nuova funzionalità social che consente a due utenti iscritti a Spotify di creare una playlist personalizzata accessibile solo da entrambi. Mediante nuove cover art, gli utenti che potranno personalizzare e identificare facilmente ciascuna delle loro playlist Blend, che prevede inoltre queste funzioni:

  • punteggi affinità: viene assegnato ad ogni coppia di utenti un punteggio per verificare quanto le rispettive preferenze musicali siano simili oppure diverse.
  • Stories: è possibile scoprire quale canzone rappresenta di più una coppia, pubblicando il risultato nelle storie che appariranno automaticamente una volta creata la playlist sui propri canali social. La playlist viene aggiornata ogni giorno e si adatta ai nuovi ascolti.
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